Il
successo Fiat sarà una sfida per l’Italia
Di
Carlo Pelanda (29-4-2009)
Ci siamo. La Fiat ha gettato solide premesse per formare, nel prossimo futuro, un
unico gruppo industriale globale assieme a Chrysler capace di produrre 4/5
milioni di autovetture. Serve qui ricordare l’analisi di Marchionne, condivisa
dagli analisti, che nel settore automobilistico potranno sopravvivere solo megagruppi
con capacità produttiva tra i 5,5 e 6 milioni. Se più piccoli non ce la faranno
a fare profitto per insufficiente economia di scala e forza competitiva. Quindi
la buona notizia è che la “piccola” Fiat sta riuscendo a salvarsi nel processo
di consolidamento globale del settore. Viene alla memoria il 2002 .- 2004
quando l’allora “piccola” Finmeccanica sembrava destinata ad essere “mangiata”
da qualche gigante internazionale dell’industria della Difesa. Il geniale
Guarguaglini, invece, sorprese tutti acquisendo aziende in Inghilterra,
recentemente una grande negli Usa, trasformando Finmeccanica in un gigante
globale. Anche l’audacia di Marchionne ha sorpreso tutti, specialmente francesi
e tedeschi che già pregustavano l’eliminazione del competitore Fiat, saltando
in America da conquistatore. Ora, sull’onda del tifo per il successo di
un’azienda italiana, dovremmo chiederci cosa altro Fiat-Chrysler acquisirà. Ma
chi scrive sui giornali difende, per prima cosa, i lettori ed il loro
territorio. Quindi la domanda prioritaria è: quanto la Fiat globalizzata manterrà le
sue produzioni in Italia, in particolare al Sud?
Non si può
prevedere ora. Ma si può e deve avvertire che il problema ci sarà. Il sistema
americano è molto più flessibile di quello italiano sul piano delle relazioni
sindacali. In generale, permette efficienze impensabili in Italia che
comportano la riduzione dei costi di produzione, fiscali, ecc. Il sistema
universitario collabora strettamente alla ricerca industriale grazie alla
minore burocratizzazione del primo, il tutto corroborato da un “Sistema Paese”
abituato ad investire molto in ricerca perché tale strategia è la base per la
superiorità strategica in generale e delle sue industrie. Noi in Italia,
invece, buttiamo i soldi pubblici spesso per finanziare fesserie o comunque
sprechi. In sintesi, è razionale temere che la Fiat, con la nuova possibilità di produrre in
America, possa decidere di trasferire lì i suoi investimenti futuri facendone
di meno in Italia, specialmente per le auto di nuova generazione. Quindi alla
buona notizia per la Fiat
corrisponde una sfida per l’Italia: creare condizioni di competitività che
convincano un’azienda globale che può scegliere il sistema dove concentrare gli
investimenti a tenerne una buona parte da noi. E, soprattutto, al Sud che ha un
disperato bisogno di vedere sul suo territorio opportunità di lavoro
modernizzanti ed evolute, qualificanti. Oggi non voglio guastare la festa, ma
più prima che poi dovremo affrontare la questione della troppe tasse/costi che
disincentivino gli investimenti e di un fiscalità differenziata, minore, nel
Sud che li incentivi.
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